In una intervista recente, Gianluca Dettori, prima startupper di successo con Vitaminic e ora venture capitalist con D-pixel e Primomiglio, ha spiegato che “la ragione principale del fallimento delle start-up non risiede nell’idea che si rivela sbagliata o perché non trovano finanziamenti ma nell’atteggiamento del management team che non riesce a fare tutte le cose che pensava, non persevera e perde di entusiasmo oppure il più delle volte non pensa abbastanza in grande”.

Insomma, agli aspiranti imprenditori non mancano i fondi, non mancano le idee e le competenze specifiche. Manca la mentalità, ma nessuno la insegna.

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L’uomo è l’animale che ha la più alta motivazione sulla faccia della terra

Una storia molto antica
Facciamo un salto indietro di qualche migliaio di anni fa. Gli ominidi del Pleistocene furono vittime di un grande cambiamento climatico che ebbe come conseguenza una minor generazione di frutta, bacche, semi e radici, gli alimenti di cui si cibavano. Per sopravvivere, dovettero cambiare le loro abitudini. Pur non avendo la dentatura adatta, pur non essendo veloci e nemmeno forti, pur non avendo ancora armi adatte, decisero di cacciare. Il sistema che trovarono fu una particolare forma di caccia, detta persistente, cioè inseguivano la preda finché questa non crollava. Fu questo adattamento che modificò e sviluppò in loro alcune aree cerebrali, quelle della motivazione e della persistenza. Per mangiare e sopravvivere dovettero imparare ad avere pazienza e tenacia, più di quelle degli animali che stavano cacciando. Lo sviluppo del cervello che avvenne allora fa parte della nostra eredità attuale, è quello che oggi ci aiuta a mantenere la motivazione nel tempo.

Una storia molto attuale
Vogliamo pensare a un esempio più vicino a noi? Gli skyrunner, quegli sportivi che si sottopongono a fatiche enormi per partecipare alle corse in montagna, sono degli ottimi modelli di grande motivazione. Non guadagnano nulla da queste imprese, non diventano famosi, eppure fanno di tutto per poter arrivare in fondo a gare tremende come il Tor des Geants, per scalare nuove vette e andare oltre i loro limiti. Non c’è una remunerazione materiale che li anima, ma una grande passione, ovvero una grande motivazione.
Eppure siamo convinti che saper fare le cose sia più importante di avere la motivazione giusta per farle. Invece dovremmo prendere coscienza di quanto sono fondamentali le risorse mentali e motivazionali in tutto ciò che facciamo. Viviamo in un’epoca esponenziale. Di grande cambiamento. E proprio come gli uomini del Pleistocene dobbiamo adattarci.

 

Primo obiettivo: avere consapevolezza

Puoi essere un ingegnere da 100 con lode ma se non hai visione non sai quale percorso fare. Puoi avere in mano il miglior business plan del mondo ma se non hai la determinazione per portarlo avanti tutto crollerà come un castello di carta. Puoi aver ottenuto un milione di euro di finanziamento ma se non agirai nel modo giusto sprecherai solo una montagna di soldi. Puoi aver fra le mani il prodotto perfetto ma se non sei capace di fare un networking efficace per raggiungere i tuoi clienti resterà in magazzino.

Capire che la nostra crescita professionale e umana non dipende solo dalle nozioni che abbiamo incamerato con lo studio è il primo passo verso la consapevolezza, per poi allenare tutti quegli atteggiamenti comportamentali che ci aiutano ad arrivare dove noi vogliamo, in campo lavorativo ma non solo:

  • motivazione
  • visione
  • orientamento all’obiettivo
  • gestione dell’incertezza
  • azione
  • creatività
  • resilienza
  • networking

Nei prossimi mesi, su questo blog, cercheremo di spiegare cosa significano singolarmente questi atteggiamenti e come si possono sviluppare. Sarà un viaggio di scoperta e allenamento che saremo felici di fare con voi!

 

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Ogni professione ha una parte di lavoro sporco: quello che quando lo porti in studio sai già che il reparto creativo alzerà gli occhi al cielo e inizierà a inveire contro tutte le divinità, in modo democratico, senza esclusione di credo. 
Ma cosa rende il lavoro sporco così divertente, ‘so funny’, beh nel nostro caso il nome. Sì, perché sulla falsa riga della Eva di Mark Twain, ed essendo un team tutto al femminile, noi diamo un nome a tutto, ma proprio a tutto. Ai nostri Mac, alla nostra mascotte, alle nostre [povere n.d.r.] piante e di conseguenza anche alla parte dirty del lavoro più bello del mondo. Il nostro. Il visual design.

 

Ma il nome? Ah sì, il nome. Ecco, il nome è P.I.G.

Che in realtà è un acronimo, ben riuscito, coniato dal nostro guru delle parole Filippo Loro e di cui noi ci siamo appropriate, bellamente. Se posso osare.

 

Ma che vuol dire PIG? Maiale. Beh, non proprio!

Il P.I.G. è un Pronto Intervento Grafico e del maiale ne condivide l’essenza intrinseca della produzione, come sostiene il vecchio adagio popolare, del maiale non si butta via niente e, sappiatelo, anche in un Pronto Intervento Grafico non si butta via niente.
Le risorse del team vanno tutte ottimizzate: i caffè, le pause pranzo e quelle sigaretta, le connessioni internet. I brief - il brainstorming - il debrief diventano una cosa sola. 

 

Il tempo si riduce. 

La tensione aumenta [a volte in modo proporzionale alla sudorazione e qui, iniziamo a cogliere altre assonanze tra pig/lavoro sporco/pronto intervento grafico]. Il nerd alert è dietro l’angolo. Insomma è uno sprint verso un obiettivo che non può essere bucato.

 

FUNNY P.I.G.

Il nostro ultimo P.I.G. è capitato per caso, un caso che suona un pò così: ‘Non conosci [per caso] qualcuno che può occuparsi delle mie slide?’ ‘Sì, noi.’ ‘Davvero? Allora a me servirebbero per il mio prossimo intervento, quello al Play Copy di sabato prossimo…’ 

 

BUUUUUUM… E P.I.G. SIA!

Ci sono stati i soliti convenevoli: redazione del preventivo e call per approfondire l’argomento. E poi? In questo caso si trattava di un cliente nuovo. Inaspettato.
Del tempo, o meglio, della mancanza di tempo in un P.I.G. abbiamo già parlato. In questo, di tempo utile, c’erano 3 giorni, cioè 24 ore. Dilatate a 36, sempre in 3 giorni, però. 

La ricerca.

Il secondo elemento di sfida, in questo caso, era la novità, non rispetto al lavoro, ma rispetto al cliente. Mi spiego meglio, di un cliente nuovo non conosciamo la grammatica visiva che utilizza nei suoi media, non sappiamo se è sempre coerente nelle sue comunicazioni e quanto sia consapevole delle sue scelte di visual design. 
Questi sono elementi che di solito riusciamo a comprendere solo dopo una serie di incontri, di questionari, di botta e risposta dove noi e il cliente ci ‘annusiamo’. 
In un Pronto Intervento Grafico tutto ciò non è possibile, per cui bisogna tenere dritte le antenne ed estrarre tutte le informazioni possibili da ciò che ci passa, non solo da quello che dice o scrive, ma anche da quello che non dice e che non scrive e soprattutto captare il senso delle parole che sceglie: se ne sceglie una rinuncia ad altre. Quindi quella parola, quel gesto, quella pausa hanno un significato. Quale? E come posso visualizzarlo? 
In più, come attività secondaria, bisogna setacciare tutto ciò che si trova online del e sul committente e analizzarne, dove possibile, le scelte formali e contenutistiche.

 

La flessibilità.

Il terzo elemento che un P.I.G. mette in gioco è la flessibilità. In Peperosa un progetto nuovo, una gara a invito, un lavoro non previsto non ferma il flusso quotidiano dello studio. Mai per un cliente nuovo trascuriamo quelli già acquisiti che sono il nostro punto di forza, quelli su cui possiamo contare per far diventare i nostri sogni nei cassetti dei programmi, con un’attenta pianificazione delle risorse.
Flessibilità dicevo, il nostro è uno studio piccolo ma nel corso degli anni abbiamo costruito una rete di professionisti di altissimo livello che attiviamo al momento e che ci permette di poter venire incontro a qualsiasi richiesta senza perdere in affidabilità, puntualità e qualità. Tà tà tà. 

 

MAGIC P.I.G.

Nonostante tutti questi elementi sfidanti il nostro ultimo P.I.G. è stato pazzesco. Miriam Bertoli, la committente, è stata super organizzata, precisa e assolutamente consapevole su ciò che voleva: il brief esatto e puntuale. Insomma, un lavoro oliato, senza sbavature.
Il team di lavoro ha funzionato fin da subito iniziando la giornata al mattino presto con un caffè e una macedonia di frutta fresca e finendola, 12 ore dopo, con birra e patatine. Il P.I.G. s’impossessa di tutti i buoni propositi. Anche quelli d’inizio anno. Ma non solo, la ciliegina sulla torta è stata che abbiamo disegnato una presentazione per un evento a cui ci eravamo iscritte come momento di formazione dello studio, il Play Copy a Bologna, appunto. Per cui alla fine abbiamo potuto godere appieno del risultato del nostro lavoro, della messa on air delle slide [con lo slide design di solito non ci capita mai! Purtroppo, aggiungo] e anche dello speech di Miriam. 

Come si dice? Una win-win situation. 

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Se anche tu hai bisogno di disegnare una presentazione che sia efficace e memorabile, contattami, ne parliamo assieme.

*Mentre stavo scrivendo questo post ho fatto un po’ di ricerca sui maiali [ebbene sì, sono una maledetta secchiona] e ho scoperto che il Primo di Marzo è il National Pig Day. Credo che da quest'anno, in studio, lo festeggeremo.

 

 

 

 

 

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Per creare un buon progetto di visual design bisogna avere ben chiare le regole base della grafica, una volta padroneggiate queste regole allora si possono rompere gli schemi e creare qualcosa di nuovo e unico. Font, colori, spazi, dimensioni, contenuti, equilibri… molti sono gli elementi da tenere in considerazione.Dopo aver stabilito l’obiettivo e il gusto del cliente che ci commissiona un progetto è tempo di dare sfogo alla nostra creatività, e allora iniziamo!

 

Le griglie: il punto di partenza

Le griglie, o chiamate più brutalmente gabbie, sono la base da cui partire per progettare qualsiasi cosa: da un logo a una pubblicità a un sito web. È sostanzialmente la suddivisione dello spazio di lavoro tramite linee verticali e orizzontali [le guide]. Questo non vuol dire che seguendo al griglia la tua comunicazione sarà perfetta, ma è un buon punto dal quale partire. Una volta disegnata la griglia sarà poi possibile ‘evaderla’ ma sempre con consapevolezza. Le griglie aiutano la lettura, aiutano a mantenere uguali margini e spaziature, danno armonia e equilibrio all’impaginato. Come per gli architetti partire da una base ben definita è fondamentale per poi riuscire a modificare le forme senza che la struttura ‘crolli’.

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La tipografia: fa la differenza

Importantissima e fondamentale per il tuo progetto di visual design. Una comunicazione può essere fatta da sola tipografia: le lettere possono diventare forme e contenere immagini, si può giocare tantissimo con gli elementi tipografici. Indispensabile quindi scegliere il font più adatto, che esprima ciò che vogliamo comunicare. Moderno, classico, divertente e tanti altri possono essere gli stili, l’importante è scegliere quello giusto per la tua comunicazione. Se vuoi approfondire l’argomento leggi il mio articolo precedente, proprio incentrato sui font.

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Le dimensioni: creare un ordine di lettura

Dare pesi diversi agli elementi che compongono un progetto aiuta la lettura, bisogna creare un percorso visivo. L’occhio deve cadere prima sulle cose più importanti, che possono essere un titolo, un'immagine o un altro elemento a seconda di ciò che si sta comunicando, per poi proseguire seguendo una scala gerarchica. Ecco perché è fondamentale capire quali sono le informazioni più importanti e dargli il giusto peso. Non è solo la grandezza che crea gerarchia ma è importante anche il posizionamento degli elementi e il colore.

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I colori: trasmettere emozioni

I colori esprimono stati d’animo, infondono emozioni. In tipografia si parla di CMYK [Ciano, Magenta, Giallo e Nero], ovvero i colori primari con i quali si creano tutti i colori dello spettro visivo. Ciano è calma, tranquillità e equilibrio. Giallo è estate, energia e saggezza. Magenta è spiritualità, sensualità e vitalità. Nero è eleganza, mistero e autorità. Scegliere quindi il colore giusto è importante per esprimere uno stato d’animo e generare un emozione a seconda di ciò che vogliamo trasmettere con il nostro visual. Molto importante è anche creare un buon abbinamento tra i colori. Abbinare colori tenui della stessa gamma cromatica crea eleganza e raffinatezza, mentre abbinare colori fluo e complementari crea un forte impatto visivo. Non bisogna mai esagerare sul numero di colori utilizzati in un progetto, altrimenti si rischia di creare confusione. I colori sono anche utilizzati come indicizzazione [ad ogni colore un tema, un capitolo], importantissimo anche qui creare la giusta palette. Un trucchetto molto veloce per creare la giusta palette cromatica è campionare i colori da una foto, altrimenti ci sono strumenti molto interessanti come ad esempio Adobe Color e Coolors.

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I contenuti: comunicare con le parole

Non si può certo pensare solo al lato estetico per una buona comunicazione, un altro principio fondamentale è quindi il contenuto, il significato. Comunicare con le giuste parole, esprimere un concetto chiaro e invogliare la lettura: sono tutti elementi molto importanti per il tuo visual. Il copywriter [detto anche copy] è una figura fondamentale all’interno di uno studio di comunicazione, è colui che scrive i testi, che trova le giuste parole. Il copy possiamo identificarlo come l’arma di persuasione, deve smuovere il lettore e portarlo a compiere un'azione [dall’acquisto di un nuovo modello di scarpe, alla partecipazione di un evento, ecc…]. Ecco perché un buon progetto di visual design deve essere composto da due elementi fondamentali: estetica e contenuto.

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L’equilibrio: per invogliare la lettura

Creare il giusto equilibrio tra gli elementi che compongono la nostra comunicazione è importantissimo. Dare il giusto peso e il giusto spazio aiuta la lettura e crea armonia. Basilari sono anche gli ’spazi bianchi’ che danno respiro e leggerezza, non parlo solo dei margini ma anche degli spazi tra gli elementi e nel testo [interlinea e kerning]. Un impaginato avrà maggior successo se sarà arioso e non caotico, non deve stufare chi legge.

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Per concludere voglio aggiungere ancora 3 piccole ma importantissime ‘regole’ che ti aiuteranno a fare la differenza:

- sperimentare: non bisogna mai smettere di provare e osare, infatti la grafica è un'arte e se ne sei appassionato non potrai che diventare un artista anche tu
- tenersi aggiornati: sui nuovi strumenti e le nuove funzionalità dei programmi di grafica, ma anche sulle tendenze e sulle mode del momento
- osservare: per strada, in vacanza, in TV, su internet, al supermercato… perché ogni luogo e ogni cosa è fonte di ispirazione

Ovviamente non deve mancare neanche la passione, perché, come per ogni cosa, se non c’è passione difficilmente ci sarà successo.

 

E noi la passione ce la mettiamo sempre, dai un occhiata la nostro portfolio!

 

 

 

 

 

 

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